L’apprendistato è un contratto a causa mista, finalizzato all’inserimento lavorativo attraverso la formazione teorico-pratica. Tuttavia, l’assenza di un effettivo percorso formativo può determinare la nullità del contratto e la trasformazione automatica in un rapporto di lavoro subordinato ordinario, con conseguente applicazione delle tutele piene previste dal diritto del lavoro.
È quanto ha stabilito il Tribunale di Tivoli con la sentenza n. 1209/2025, che accoglie il ricorso di un lavoratore assunto con contratto di apprendistato professionalizzante da un’impresa del settore traslochi e allestimenti scenici.
Obbligo formativo: condizione essenziale del contratto di apprendistato
Il giudice ha richiamato la funzione dell’apprendistato, ovvero quella di accompagnare il giovane lavoratore in un percorso di qualificazione professionale tramite attività formativa integrata. Tale finalità non è meramente teorica, ma comporta obblighi precisi a carico del datore di lavoro:
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predisposizione scritta del piano formativo individuale;
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nomina di un tutor aziendale;
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registrazione delle attività formative;
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garanzia della formazione effettiva, sia in aula sia on the job.
Nel caso in esame, il datore non ha fornito alcuna documentazione attestante l’adempimento degli obblighi formativi. La totale assenza di formazione ha quindi comportato la nullità del contratto di apprendistato e la conseguente trasformazione in contratto a tempo indeterminato sin dalla data di assunzione.
Conseguenze economiche e previdenziali per l’impresa
Il riconoscimento del rapporto di lavoro ordinario ha comportato:
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la condanna al pagamento delle differenze retributive rispetto al minimo contrattuale per dipendenti ordinari;
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l’obbligo di regolarizzazione contributiva presso l’ente previdenziale competente.
Il Tribunale ha integrato il contraddittorio con l’INPS, trattandosi di effetto diretto sulla posizione assicurativa del lavoratore.
Licenziamento e mancata contestazione disciplinare: scatta la reintegrazione
La vicenda si è poi aggravata con il licenziamento del lavoratore, avvenuto senza la corretta contestazione degli addebiti. L’azienda aveva inviato una lettera a un indirizzo errato, rendendo nulla la notifica.
Il giudice ha ritenuto violato l’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, che impone la previa e puntuale contestazione dei fatti disciplinari. La mancata notifica non era imputabile al lavoratore, che aveva regolarmente comunicato l’indirizzo di residenza.
In assenza della contestazione formale, il licenziamento è stato dichiarato illegittimo, con applicazione della tutela reintegratoria prevista dal Dlgs 23/2015, art. 3, comma 2. Secondo la norma, la reintegrazione si applica nei casi in cui sia accertata «l’insussistenza del fatto materiale contestato», concetto che la giurisprudenza estende anche all’ipotesi di contestazione mai pervenuta.
Impatti giuridici e operativi: cosa devono fare le aziende
Questo caso offre spunti chiari su tre livelli:
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Contrattuale – L’apprendistato non può essere utilizzato solo per ottenere agevolazioni. Deve essere progettato con un piano formativo coerente e realizzato concretamente. In mancanza, l’intero rapporto di lavoro è a rischio di nullità.
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Previdenziale – La regolarizzazione ex post comporta costi non preventivati per l’azienda, inclusi contributi arretrati, sanzioni e interessi.
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Disciplinare – Ogni azione sanzionatoria va preceduta da una contestazione formale e documentata. Errori formali, anche minimi, possono invalidare tutto il procedimento disciplinare, esponendo l’impresa alla reintegrazione obbligatoria del lavoratore.
La gestione di un contratto di apprendistato richiede rigore documentale, tracciabilità dei percorsi formativi e attenzione alle procedure disciplinari. L’adozione di standard elevati nella gestione del personale non è solo una buona prassi, ma una tutela per l’impresa stessa. Errori in questi ambiti possono generare un contenzioso con costi significativi, danni reputazionali e un impatto diretto sulla gestione HR e amministrativa.