Con l’avvicinarsi della chiusura dell’anno, chi opera in regime forfettario deve svolgere un controllo puntuale dei requisiti per continuare a beneficiare del regime agevolato anche nell’anno successivo. Il rispetto dei limiti relativi a ricavi e compensi, spese per dipendenti o collaboratori, e l’assenza di cause ostative sono condizioni indispensabili per mantenere la validità del regime.
Verifica dei ricavi e compensi
Il primo requisito da controllare riguarda l’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel corso dell’anno, che non può superare la soglia di 85.000 euro. Il regime segue il principio di cassa: rileva il momento dell’incasso, non quello in cui è stata effettuata la prestazione. In caso di avvio dell’attività in corso d’anno, i compensi vanno ragguagliati su base annua: ad esempio, un’attività iniziata il 1° ottobre con compensi di 28.000 euro supera la soglia ragguagliata (28.000 x 12 / 3 = 112.000 euro) e comporta l’uscita dal regime. Alcuni importi, come le indennità di maternità, non concorrono al superamento della soglia.
Controllo sulle spese per dipendenti
Il secondo requisito riguarda le spese sostenute per lavoro dipendente e accessorio: anch’esse non devono superare i 20.000 euro annui, sempre secondo il principio di cassa. In caso contrario, il contribuente decade dal regime forfettario.
Cause ostative da monitorare
Una volta verificati i due limiti oggettivi, occorre escludere la presenza di cause ostative. Le principali sono tre.
La prima riguarda le partecipazioni in società. Chi detiene quote in società di persone deve dismetterle entro il 31 dicembre per non perdere il regime nel 2026. Sono esclusi i soci di società semplici che producono solo reddito agrario. Per le Srl, la causa ostativa scatta solo se la partecipazione è di controllo e se l’attività è riconducibile a quella svolta individualmente (stesso codice Ateco). Anche in questo caso, la decadenza può essere evitata se non ci sono scambi commerciali tra la persona fisica e la Srl.
La seconda verifica concerne i redditi da lavoro dipendente o assimilato (inclusi i redditi da pensione), che non devono superare i 30.000 euro – soglia elevata a 35.000 euro per il solo 2025. Se il lavoro è cessato senza iniziarne uno nuovo, la verifica non è necessaria.
La terza riguarda i rapporti con ex datori di lavoro. Se oltre il 50% dei compensi percepiti nel 2025 deriva da prestazioni rese a favore del datore o ex datore di lavoro (o soggetti a essi riconducibili), scatta l’esclusione dal regime nel 2026. Questa regola non si applica ai professionisti che iniziano l’attività dopo un tirocinio obbligatorio.
Tempistiche e controlli
Il termine entro cui effettuare le verifiche è il 31 dicembre 2025. Chi non rispetta i limiti o si trova in una delle situazioni ostative, uscirà automaticamente dal regime forfettario a partire dal 1° gennaio 2026. È importante effettuare una simulazione dei dati di fine anno per evitare sorprese fiscali e per gestire con consapevolezza l’eventuale passaggio al regime ordinario.